Seppur essendo stato incarcerato per motivi politici, l'autore decide di non inserire nessun riferimento politico, sopratto contro l'impero Austriaco che lo ha incarcerato.
Come nel caso di Mowgli, il bambino cresciuto da un branco di lupi che è destinato ad affrontare la sua nemesi: la sanguinaria tigre Shere Khan.
A molti lettori non è piaciuto e penso che il giudizio negativo nasca da un approccio al romanzo con alte aspettative, soprattutto se si pensa ad esso come un horror puro.
Un uomo che gli ha donato una vita abbastanza agiata, ma anche tante pretese e una dura educazione, fatta principalmente di vessazioni, violenza psicologica e incoerenza.
Ci si ritrova quindi a leggere di uomini e donne che si incontrano per caso, su una spiaggia o su un treno ad esempio, e che vengono come ipnotizzati dallo sconosciuto, o dalla sconosciuta, che hanno di fronte.
Scoprirà a sua spese che quel luogo è ricco di cretaure simili, metà umane e metà animali, tanto che non si capisce dove inizia l'uno e finisce l'altro.
Il protagonista del romanzo è "il viaggiatore del tempo" che, sporco e malridotto, decide di invitare a cena un medico, uno psicologo e un direttore di giornale, per raccontar loro il viaggio da cui è appena tornato, fatto grazie alla sua invenzione: la macchina del tempo.
Tutto ha inizio a causa di una battaglia a cui il visconte partecipa e in cui viene ferito, rimanendo tranciato a metà, verticalmente.
Quest'ultimo tenterà di reagire alla società stessa, ma rimanendo comunque con un certo grado di frustrazione, finendo per esprimere soltanto una reazione maligna, inutile e incapace di esprimere la propria elevata natura.
Ho apprezzato proprio questo suo divenire, questo suo trasformarsi, in qualcosa di oscuro e malefico, come soltanto l'essere umano è capace di trasformarsi, soprattutto come risposta, come soluzione effimera ad un problema che lo sovrasta.